- Elisa Rovesta
- Novembre 1, 2025
- 11:00 am
Capita all’improvviso. Sei per strada, in pace con te stesso, dopo una settimana di riunioni, mail e telefonate. Hai deciso di uscire, cazzeggiare un po’, guardare le vetrine, magari comprare quattro t-shirt al prezzo di tre, senza alcun bisogno, solo per leggerezza. Poi, da dietro una spalla, una mano. Un tocco. Ti volti. E lui è lì.
Lo riconosci subito: il trita-autostima
Quello che compare nei momenti in cui ti senti fragile ma non lo sai ancora. Ha la stessa mimetica cromatica di un geco sui muri della città — beige, nocciola, forse una camicia panna. Non urla, non esagera, non suda. Sorride, con tutti i denti (sbiancati, si intende). Ma dal canino brilla qualcosa. Tipo una scintilla. Tipo un avvertimento.
È quell’amico di vecchia data, con cui hai condiviso anni e sport, che però, anche da ragazzo, sapeva farti sentire sempre un po’ meno. Meno in forma, meno pronto, meno meritevole. Il suo talento non è l’empatia, ma la precisione del colpo basso.
E infatti, inizia: – Hai visto come hanno ristrutturato bene quella casa che volevi tu?
Tu sorridi. Annuisci. Ti rivedi nel giardino pieno di rose che non pianterai. E lui, intanto, ti chiama con il nome sbagliato. – Ciao Marco. Tu sei Giulio. – Sei sempre stato permaloso – dice lui, e il primo colpo è andato.
Allora ci provi: parli del tuo lavoro. Delle tue competenze. Di una cosa che conosci bene. Lui ascolta, poi commenta con quel tono neutro che è peggio dell’arroganza: – Però dovresti documentarti un po’ meglio…
La lucidità vacilla. L’autostima traballa. Le ascelle sudano. I capelli si incollano alla fronte. Ma lui continua. – Hai preso qualche chilo, eh? Ti ricordi com’eri qualche anno fa?
In quel momento non sei più tu. Sei un reduce di guerra. Sei il soldato Palla di Lardo in Full Metal Jacket. E lui è il Sergente maggiore Hartman, versione Zara.
Poi succede qualcosa. Forse il cielo cambia, forse sei tu che lo guardi per quello che è.
Non un giudice. Non un’autorità. Ma un piccolo uomo travestito da superiorità
Ti torna in mente Al Pacino in Ogni maledetta domenica: o rimani a terra a farti prendere a schiaffi, o ti apri la strada lottando verso la luce.
Così ti alzi. Metaforicamente, certo. Gli sorridi, ma di quella risata sguaiata che è un inno alla libertà. Non rispondi, non ti difendi. Te ne vai.
E mentre ti allontani, lui si rimpicciolisce nel tuo campo visivo. Sempre più piccolo, fino a sparire. E tu, tra te e te, pensi: Sergente Hartman, sei finito.