Bella, intelligente, comica: Joan Rivers. Se fosse stata un dipinto, non avrebbe mai avuto un’espressione distesa. Bocca aperta, sopracciglio alzato, come catturata proprio nell’istante in cui stava per dire qualcosa che avrebbe fatto ridere alcuni e irritato altri. Rivers non ha mai cercato di piacere a tutti. Ha scelto, invece, di essere ascoltata.
La sua voce – rauca, tagliente, inconfondibile – ha attraversato decenni di televisione e palcoscenico come una lama ben affilata. Negli anni Sessanta, quando alla comicità femminile si guardava ancora come a un’eccezione curiosa, Joan Rivers non chiese permesso. Salì su un palco e cominciò a parlare. Lo fece con un ritmo incalzante, battute che arrivavano a raffica, impossibili da schivare, con la precisione chirurgica di chi sa esattamente dove colpire.
Aveva iniziato a New York, dividendosi tra piccoli club, audizioni respinte e serate in cui, raccontava, “il pubblico era composto da più topi che persone”. Il primo vero riconoscimento arrivò nel 1965, quando fu invitata da Johnny Carson al The Tonight Show, il più importante talk show d’America. Carson, che non era solito elogiare apertamente gli ospiti, la presentò al pubblico dicendo: “God, you’re funny. You’re going to be a star.” E Joan Rivers non lo smentì.
Negli anni consolidò il suo stile: tagliente ma preciso, ironico ma mai gratuito. Fu una delle prime donne a ottenere uno show tutto suo in tarda serata, The Late Show Starring Joan Rivers e la sua carriera si espanse tra cinema, teatro, scrittura e, ovviamente, la televisione. Il suo stile rimase sempre riconoscibile: irriverente e inarrestabile. Aveva una capacità innata di smontare le ipocrisie del costume, della celebrità, delle convenzioni sociali.
Non risparmiava nemmeno sé stessa. Il suo corpo, il suo volto, il suo matrimonio, le sue sconfitte, i suoi dolori: tutto diventava materiale comico, tutto si trasformava in racconto. Rivers non aveva paura di mostrarsi vulnerabile, anzi, ne faceva la sua forza. Come quando diceva che il suo chirurgo plastico possedeva una casa a Malibù grazie a lei, o che il suo viso aveva subito più ristrutturazioni di Versailles. L’autoironia era il suo modo di stare al mondo. Senza piagnistei, senza autocommiserazione, ma con un tempismo comico invidiabile e una determinazione che non chiedeva indulgenza. Nulla la frenava. Non le critiche, non le tragedie personali, nemmeno l’essere considerata troppo spigolosa in un ambiente che preferiva personaggi docili.
Tutto contribuiva a creare la concretezza scenica di Joan Rivers: il modo in cui riusciva a rendere ridicola Hollywood senza mai risultare fuori posto, il suo talento nello sdrammatizzare anche l’insopportabile. Era capace di trasformare persino i propri lutti in uno spettacolo, come dimostrò nel documentario Joan Rivers: A Piece of Work (2010), dove mostrò senza filtri la durezza e la solitudine dietro il glamour.
“I succeeded by saying what everyone else is thinking “, era la frase che la rappresentava. Joan Rivers durante tutta la sua carriera ha continuato a far ridere con veemenza e intelligenza, due doti che raramente riescono a convivere senza che una annulli l’altra. In lei, sì.
Bella, intelligente, comica e mai accomodante: Joan Rivers.